“A proposito di scartavetramenti di palle di vario genere e di aglio per scacciare gli spiriti maligni”
// di Marcello Marinelli //
Preso da un’irresistibile autolesionismo conscio ed inconscio, quindi la totalità del mio essere, metto su un disco della famigerata etichetta ECM, sfidando l’ira degli dei e consapevole delle tragiche conseguenze che questo gesto potrebbe comportare. C ’è una taglia sulla testa di Manfred Heicher e di Jan Garbarek e Herbie Hancock ci ricorda che, con i suoi “Head Hunters” la taglia può essere riscossa, catturando vivi o morti i ”Wanted” più famosi al mondo nel Jazz (jazz si fa per dire), qui preparate le pietre e cominciate a scagliarle facendo attenzione a non prendermi, perché le pietre in faccia mi fanno venire l’eritema, e lo soffro terribilmente, quindi tirate le pietre e cercate di non prendermi.
Comunque per rinfrescarvi le idee vi ricordo che prima o poi, come diceva Antoine che interpretava il gran Gian Pieretti, “qualunque cosa fai, dovunque te ne vai le pietre sempre in faccia prenderai”, quindi ora tocca a me domani a qualcun altro. “A chi tocca ‘n ‘se ngrugna”. “Belli mia”, ora preparatevi al viaggio con la carta vetrata, alzate il volume che tanto c’avete tutti belli impianti, perché a volte la musica, e lo sapete bene, va ascoltata ad un certo volume e per assaporare il “beat” della musica pakistana e delle tabla. Spero vi piacciano le tabla, a me “me fanno morì”, più delle pietre in faccia, che voi per compassione cercherete di mancare il bersaglio. Le tabla c’hanno proprio un bel suono, per questo quando le inseriva Davis nei suoi dischi elettrici davano quel tocco in più che io adoro.(Vai con la seconda ondata di pietre) .
Le tabla qui le suona il maestro Ustad Shaukat Hussain e insieme con la voce dell’Ustad più famoso, Fateh Ali Khan (bella fateh !!!!) e il suonatore di Sarangi (Strumento a corda che si suona con un arco, uno degli strumenti più famosi della tradizione indiana, se non il più famoso), Ustad Ali Khan e la voce di Deepika Thathaal fanno l’impasto e la miscela del disco. Quindi ricapitoliamo; ECM tedesca, quattro musicisti pakistani, Manu Khatche alla batteria, musicista Franco-ivoriano e il Public Enemy number one, il bistrattato, il dileggiato, il criticato norvegese Jan Garbareck. World music?? Musica pakistana direi, ma il terreno comune dei Pakistani, del batterista franco-ivoriano del pifferaio magico norvegese è l’improvvisazione . Vista la disparata provenienza dei musicisti di questo dischi, potremmo affermare con quasi assoluta certezza che nella fabbrica ECM di Monaco non si fanno esperimenti sulla purezza della razza ariana, anzi in questo disco c’è “l’inno alla gioia” della contaminazione, unica via al mondo globalizzato, di fatto l’univa via.
Siete pronti per la terza ondata di pietre? Udite udite, il suono “meraviglioso” del sax tenore e del sax soprano del pifferaio magico si integra alla perfezione con le tabla, con la voce, una specie di scat pakistano, uno stile “gorgheggiante” nella tradizione “qawwali” la musica sacra di tradizione sufi. Il pifferaio magico afferma in un’intervista che un musicista afro americano in particolare a cui è particolarmente legato da “illo tempore” lo sente ancora e gli dà conforto ed ispirazione, trattasi di Gene Ammons (chi se lo sarebbe mai creso, eh?). Il pifferaio si è formato con la musica jazz, con la tradizione, è pregno di questa tradizione e d’altronde per improvvisare con i pakistani , senza quel background, sarebbe stato impossibile. Sto dicendo cazzate? Se si, continuate il lancio delle pietre.

Sarà che il Nostro eroe è bianco che più bianco non si può, ma suo padre era un prigioniero di guerra polacco e non ottenne che dall’età di sette anni la cittadinanza norvegese e quindi ha provato anche lui l’ebrezza dell’essere senza patria. Quel suono profondo, cristallino, puro è il suo tratto distintivo, il suo marchio di fabbrica, può non piacere, come tutte le cose, ma merita molto rispetto (il lancio delle pietre si sta infittendo, lo sento il sibilo lo conferma). Si inizia e non si sa quando si finisce, probabilmente per sfinimento. In questi “ragas” le “sagas” nord europee si inseriscono bene, dialogano tra loro, mondi diversi e così apparentemente distanti, lontani si intrecciano come le teste d’aglio, non è meraviglioso questo? Chi è senza meraviglia scagli l’ennesima pietra.
Ora se avete finito le scorte andate a fare provviste per quello che vi sto per dire perché è una cosa forte. Musica modale che più modale di così “se more” sul ritmo della tradizione indiana (Pakistan ed India un tempo un solo paese), sulla struttura dei saga, ritmi ipnotici e legati al misticismo che favoriscono la trance. Si inizia e non si sa quando si finisce, probabilmente per sfinimento. Dopo l’ascolto di “Ragas and sagas” allora per associazione metto “India” – Live a the Village Vanguard- di John Coltrane e sento imparentamento. Ora le pietre lanciate sono così tante che ci potrei costruire un casale in Umbria.
Musica modale, improvvisazione, misticismo, bel suono al sax soprano e tenore, e anche al clarinetto basso, si sa quando si inizia e non si sa quando finisce, non bastano questi elementi per determinare imparentamento? Vabbè non saranno fratelli e sorelle ma cugini di secondo grado si, neanche cugini si secondo grado? Lontani parenti? Vabbè facciamo che si conoscono solo di vista. Similitudini ed analogie scorgo all’orizzonte , traccio un filo immaginario comune, sarà che il pakistano me lo pure fumato oppure che non ve lo siete fumato voi. Ora immagino che lo “scartavetramento” di palle avrà raggiungo livelli stratosferici e allora mi congedo tutto martoriato, ma ancora vivo, solo con un ultimo consiglio. “Raga-s, andateci piano con le saga-s”