// di Guido Michelone //

Giuro che questa sarà la mia ultima digressione in un territorio non proprio jazzistico, anche se meritevole di ulteriori sviluppi (magari non qui).
C’è un album – YS – pubblicato nell’estate 1972, che, con il passare degli anni, diventa cult, anche perché mai ristampato e quindi introvabile, almeno fino all’edizione recente su CD. Gli autori sono quattro ragazzi napoletani che, alla stregua di quanto, allora, accade da oltre un decennio, con i complessi musicali giovani, si fanno chiamare con un buffo epiteto, ossia il Balletto di Bronzo: sono Gianni Leone tastiera e voce, Lino Aiello chitarre, Vic Monzani basso e Giancarlo Spinga batteria. I quattro sino al secondo album dopo Sirio 2222 (1970) hanno un suono ancora molto beat, mentre YS è già un capolavoro di prog-rock, con musiche arzigogolate, in grado di mischiare un suono hard a respiri classicheggianti.

Ma cosa sta succedendo, in Italia, alla musica degli anni ‘70? È ancor oggi un mistero la ragione per la quale decine e decine di ragazzi nei primissimi Seventies si decidono a formare gruppi non jazz, pop, folk, ma prog, insomma complessi rock per proporre una musica difficile, doppiamente difficile per chi la suona e chi l’ascolta. Infatti la precedente generazione, nata con la musica yé-yé e sfociata nelle miriadi di complessini beat (o bitt come qualcuno all’epoca scrive, evidentemente poco allenato con la lingua inglese) davanti al rock soccombere. Alcuni dei gruppi all’apice del successo nella seconda metà degli anni Sessanta, di fronte al prog, si sciolgono, magari per ricomporsi qualche anno dopo come fenomeno revivalistico.


Pochi beat resistono: i Nomadi virano al pop resistendo fino a oggi, trovando la quadra in un efficiente compromesso fra canzone leggera e song d’impegno alla Francesco Guccini (loro principale mentore). I Pooh, dopo un interessante passeggero adeguamento al prog rock, giocheranno anch’essi la carta vincente del compromesso tra arte e commercio in un genere pop tutto loro (alla distanza anche intelligente). I Giganti e i Dik Dik proveranno a rinnovarsi attraverso concept album ambiziosi, valutati positivissimamente dalla critica ma ignorati dal pubblico, finendo quindi per allinearsi alla nostalgia rétro. Ora tutto questo discorso vale una domandona: per voi tra tutti i gruppi prog – escludendo Perigeo, Area, Osanna, Aktuala, Napoli Centrale, Ipson Group, perché troppo facile –quale band è la più jazzistica? Per me c’è un imprinting jazz anche in un disco molto rock come YS del Balletto di Bronzo.