// di Marcello Marinelli //
Premessa.
Sono un appassionato di vecchia data e sono cresciuto col ‘feticcio’ del vinile, anche perché non c’era modo di sentire in altro modo la musica, quindi all’industria musicale ho dato molto disponendo di una nutrita collezione di vinile, CD e musicassette. Ora le nove piattaforme musicali, spotify in primis offrono una sterminata offerta di musica. Il rischio è di “impazzire” per stare al passo delle nuove uscite e anche della musica già edita, perché è impresa sovraumana conoscere il “tutto”, si conosce sempre per approssimazione e parzialmente, ma è già tanto anche se non è tutto.
Le nuove tecnologie, nella modalità radio con l’algoritmo che decide il flusso sonoro se da una parte non favoriscono l’ascolto dell'”opera” nella sua interezza, dall’altra parte ti fanno “incontrare” casualmente musica che altrimenti, per limiti di tempo e di umana possibilità, non saresti riuscito ad incontrare. Allora metto da parte l’illusione del ‘tutto’ e mi lascio andare alla sorpresa dell’errare senza scopo e senza una logica precisa, affidandomi all’algoritmo che decide per me, mi lascio andare alla dittatura dell’algoritmo, l’unica dittatura che mi piace perché le sue selezioni fanno caso mio, visto che sono decise in base ai mie ascolti medi giornalieri.
L’algoritmo è pericoloso, ne sono consapevole, perché decide al posto tuo, ma siamo noi, perlomeno in musica, a farlo decidere al posto nostro e allora se il risultato è positivo, ben venga la delega alla proposta musicale. La modalità ‘radio’ favorisce la sorpresa perché non sai mai quale brano l’algoritmo ti sta per proporre e la sorpresa a volte è stimolante e non sai che brano stai ascoltando. Ti sforzi di capire chi suona cosa, ‘blind test’ (test alla cieca) e di individuare il brano e i musicisti. Difficilissimo test e quando quelle poche volte che indovino sono contento, perché pescando musica a ‘casaccio’ da tutte le discografie risulta proibitivo riconoscere ‘molto’ e forse la bellezza del jazz è che, per la sua natura espressiva fatta più che altro di improvvisazione e intrecci di collaborazioni di miriadi di musicisti, fa risultare ardua la decifrazione e al tempo stesso la rende anche più interessante, perché ogni ascolto è un nuovo ascolto. Mi arrendo alla modernità e, qualche volta, sacrifico l’opera per il flusso sonoro e cerco di godere di queste opportunità.
Il mondo musicale è cambiato in maniera irreversibile, forse, e allora anche la fruizione è cambiata. L’idea per noi vecchi appassionati di non comprare più dischi è qualcosa di impensabile, ma le nuove generazioni che crescono col digitale fruiscono la musica in modo diverso e forse non sono più interessati all’opera del singolo artista, ma solo ad alcuni aspetti dell’artista e più interessati al ‘singolo’ che all’ ‘album, anche se virtuale. Il digitale, ed è qui l’aspetto negativo, considera la fruizione come ‘uso e getta’ perché la mole di offerta non favorisce il fermarsi troppo a lungo su ‘qualcosa’ e il rischio che si corre è la dispersione e la sovrabbondanza di stimoli e il rincorrere il ‘nuovo’ o il ‘non conosciuto’, rincorrendo illusoriamente il desiderio di onnipotenza omnicomprensiva e quindi i rischio dell’evanescenza. Siamo davanti all’incommensurabile musicale e a me fa girare la testa, ho le vertigini da conoscenza e da curiosità.
Quante vite ci vorrebbero per ascoltare di più’? Allora dopo le vertigini e l’ansia da prestazione per ascoltare tutto quello che offre il mondo, mi rilasso, abbandono velleità sovraumane e affido, qualche volta, al caso la conoscenza musicale e mi lascio trasportare dal destino. In questo errare casuale incontro bella musica e faccio delle nuove conoscenze, difficili da mantenere perché difficili da memorizzare e da incasellare, si faccio delle ‘playist’ ma la vastità mi sommerge e mi arrendo incondizionatamente all’algoritmo suggeritore. Faccio parte di coloro i quali hanno apprezzato le singole opere e, decido, di volta in volta, se ascoltare l’opera o il flusso sonoro radiofonico. Oggi ho deciso per il flusso.

Flusso
Mi siedo davanti alle mie casse e incontro, da quando decido di scoprire il brano e i musicisti del flusso, un pianista che mi intriga e anche il pezzo in questione mi intriga. Non conosco il pezzo è tantomeno so di quale pianista si tratta. Sbircio tra le note e scopro che si tratta del gruppo di Mulgrew Miller and wingspain, “The sequel” tratto dall’album omonimo, con musicisti a me sconosciuti tipo Dane Eubanks alla tromba o Richie Goods al contrabasso o Karriem Riggins alla batteria o Steven Wilson al sax alto. C’è solo a me noto il vibrafonista Steve Nelson. Mi piace molto questo brano, senza l’algoritmo dubito che ne sarei venuto a conoscenza. Gli assoli sono tutti di pregevole fattura e il volume alto mi fa sembrare di essere in un jazz club. Segue “I fall in love too easily” eseguito da Bill Evans che incanta in questo breve brano.
Oggi sono concentrato sui pianisti, anche quando non sono leader ma ne incontro un altro stellare e in questo caso leader dell’album, Mc Coy Tyner “Tender Moments” ,-Mode to John-, ho scambiato Lee Morgan per Freddie Hubbard, errore imperdonabile, anzi perdonabilissimo. Poi ancora Hank Jones Trio. Poi finalmente un brano che conosco e di cui dispongo il disco Study in brown” -Sandu. dell’indimenticabile quintetto di Clifford Brown e Max Roach. Rona Carter, Stunley Turrentine e Art farmer in successione. Mi fermo qui per non tediare. Decisamente una bella selezione musicale. Che ne è delle singole opere? L’ho tralasciate, perché la tecnologia me l’ha permesso e ne ho approfittato e non ho fatto nessun atto di lesa maestà, ho fruito il jazz in un’altra maniera alla maniera di come la maggior parte degli ascoltatori fruisce di musica.
La modernità ha i suoi lati positivi, oltre che quelli negativi, ho approfittato di quelli positivi, Ho spotify a pagamento e i musicisti e i loro eredi, che ho ascoltato ne beneficeranno in termini di remunerazione legate agli ascolti e così anche le case discografiche. E’ un bene, un male? Siamo nel tempo “dell’aldilà del bene e del male”, è così, punto. Non faccio crociate contro la modernità, né apologia della modernità, quando ho voglia di ascoltare la singola opera, prendo il mio LP, o il mio CD, e l’ascolto dal primo all’ ultimo pezzo e affogo nell’analogico la nostalgia, di quando ancora non esisteva la rete e di quanto belli e colorati e pieni di informazioni erano i vecchi dischi di una volta a noi tanto cari.